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piuma-d'-oro | 29 |
E cavato di tasca il fischietto:
— Nuvole, nuvole, ai miei comandi! —
Fischia, ed ecco da ogni parte del cielo montagne di nuvole, che accorrono premurose, gravide di pioggia.
— Aquila, aquila messaggiera, ai miei comandi. —
Al fischio, anche l’aquila ricomparve e scese a posarglisi ai piedi.
— Su su, aquila mia! Portami al palazzo di sale e pepe della Fata; e voi, nuvole, dietro a me! —
Inforcò l’aquila, quasi fosse stata un cavallo; e l’aquila, aperte le ali, lo trasportò in alto, via pel cielo; essa col Reuccio avanti, e le nuvole dense, gravide di pioggia, montagne smisurate che oscuravano il sole, dietro a loro, via, via!
La Fata visto dalla terrazza del suo palazzo quel temporale che si avvicinava, s’accorse del pericolo; e scatenò il libeccio che teneva chiuso in una stanza.
Il vento incontrò l’aquila e le nuvole a mezza strada, e col suo gran soffio non li faceva avanzare. La lotta durava da più ore, senza che l’aquila e le nuvole avessero potuto guadagnare un palmo di spazio. Il libeccio,