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l'asino del gessaio | 265 |
— Che intendi dire?
— Niente. Ci rivedremo da qui a un anno. —
E, con le mani. in tasca, s’allontanò tranquillamente.
Il Re volle provare da sè la valentìa dell’animale. Ordinò lo conducessero nei giardini reali, bardato bene, con sella e briglia, e vi montò a cavallo:
— Avanti, focoso! —
L’asino partì come una saetta, e, in men che non si dice, percorse tre volte tutti i viali.
Quei guidaleschi però facevano schifo al Re.
Quantunque ora mangiasse quanta biada voleva, l’asino non ingrassava punto, e le sue piaghe rimanevano aperte come prima.
Il Re chiamò un maniscalco:
— C’è un rimedio ai guidaleschi?
— Maestà, in otto giorni ve li do belli e sanati. —
Infatti, otto giorni dopo, l’asino non si riconosceva più. Era grasso e tondo, col pelo lustro, e dei suoi tanti guidaleschi non si scorgeva nemmeno il segno.
Il Re pensò di fare una passeggiata a cavallo, e ordinò gli si sellasse quell’asino; la corte, tutti a cavallo, doveva precederlo con gran pompa.