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234 | il raccontafiabe |
Lo legarono peggio d’un ladro e lo condussero innanzi al Re.
— Maestà, io non ci ho colpa!
— Vecchio stregone! O rendi la vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo! —
Il povero sarto, dallo spavento, era già mezzo morto.
— Maestà, io non ci ho colpa!
— Ti do tre giorni di tempo. —
E lo fece chiudere in una prigione dello stesso palazzo reale.
Ogni mattina il Re andava a trovarlo, e dallo sportellino dell’uscio gli diceva:
— O rendi la vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo. È passato un giorno.
— O rendi la vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo. Son passati due giorni. —
Il povero sarto non rispondeva; si struggeva in lagrime, pensando alla figliuola senza braccia, di cui non sapeva niente da più giorni, e che sarebbe rimasta sola al mondo in balìa della cattiva sorte:
— Figliuola mia sventurata! —
E il Re, dallo sportellino dell’uscio:
— O rendi la vista al Reuccio, o ti fo arrostire vivo vivo. Sono passati tre giorni.
— Maestà, non ci ho colpa! Grazia, Maestà!