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il mugnaio | 223 |
lino, dando scossoni al Re che urlava invano: Ahi! Ahi! All’ultimo, lo sbatacchia fuori a gambe in aria e si mette a sedere:
— Andate a chiamare mio padre. —
Il mugnaio venne lemme lemme, dinoccolato:
— Che comanda, Vostra Maestà?
— Porta via Rota, Tramoggia, corni, stivali, ogni cosa!
— Se Vostra Maestà vuol vivere in pace, le dirò quel che dee fare.
— Che debbo fare?
— Per un anno, un mese e un giorno, io sarò Re e lei mugnaio. In questo frattempo, le mie figliuole diventeranno Regine davvero. Vostra Maestà, per gastigo, rimarrà a bocca asciutta; nè moglie nè dote. —
Che poteva fare il Re con quel mugnaio indiavolato?
Piegò la testa. Gli diede il manto e la corona reale, e indossò i panni di lui tutti sparsi di farina.
La gente avea ritegno di andare a macinare al mulino del Re. Invano egli si sfiatava a sonare la gran conchiglia marina e a gridare:
— Púuh! Púuh! Púuh!
Vieni, vieni a macinare!