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il gattino di gesso | 209 |
una mano, e cava la spada con l’altra. Assesta il colpo, ma coglie la coda che gli rimane in pugno, divincolandosi. Sorcio e cadavere, spariti.
— Non vuol dire! Bruciamo questa coda! —
Presero molta legna e accesero un bel fuoco; nel meglio della vampata, vi buttarono la coda.
Di fuori, si sentivano gli urli della Strega:
— Ahi! Non mi fate bruciare! Vi apro la porta! Ahi! Ahi! —
La coda guizzava, si dibatteva fra le fiamme. Il Reuccio, per paura che scappasse, la tenne ferma con la punta della spada, finchè non si udì più nessun grido o lamento della Strega.
Il fuoco si spense, e la porta si aperse.
L’incanto era disfatto.
Reuccio e Reginotta tornarono insieme al palazzo del Re e furono accolti con grandi feste. Mandarono subito a prendere il tesoro dei ladri e lo distribuirono alla povera gente. Il giorno delle loro nozze fu baldoria in tutto il regno.
Stretta la via, larga la foglia;
Ne dica un’altra, chi n’ha la voglia.