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il gattino di gesso | 207 |
— Ah, gattino mio, che disgrazia! —
Doveva dirgli questo perchè l’incanto cessasse.
Gli cascarono gli orecchi, i baffi e la coda, e il Reuccio parlò:
— Grazie, Reginotta. Quanto ho sofferto! Caddi in mano d’una vecchia Stregona; voleva essere sposata; e perchè rifiutai mi gittò quell’incanto. Questi ladri sono i suoi figli; ora viene a cercarli. La concio io!
— Andiamo via; sarà meglio.
— Se non è morta colei, non possiamo uscire di qui. —
Infatti non trovavano la porta. Gira di qua, gira di là per quella sfilata di grotte, non un buco nei muri per cui potesse passare un topolino. In alto, è vero, c’erano grandi buche che davano luce; ma come arrampicarsi fin lassù? Bisognava avere le ali.
Il giorno seguente, da una di quelle buche, ecco un gufo che vola e rivola attorno, stridendo forte.
— Gufaccio, che cerchi qui?