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126 | il raccontafiabe |
— Sta’ buona, Seghina!... Attento, Scalpellino! Tu mi rompi quella bottiglia!... Bada, non conciarti, Tanaglina!... Sporcaccione di Martellino!... Piallina, Succhiellino, a posto le mani! —
I vicini, dietro la porta, stavano a sentire, stupiti.
La mattina:
— Gran pranzo, eh, mastro Acconcia‐e—guasta? I figliuoli vi fanno disperare.
— Eccoli lì, cheti cheti. —
E mostrava gli arnesi attaccati a una parete della botteguccia; ma la cesta era vuota, e di quel monte di roba da mangiare non restava briciolo, neppure le lische del pesce, o i nòccioli della frutta.
I vicini non sapevano che almanaccare per scoprire il mistero di mastro Acconcia‐e—guasta; e perdevano il tempo inutilmente.
Di giorno vedevano un povero vecchio che si rompeva le braccia a lavorare fino a tardi in quel bugigattolo che pareva una tana. E tutta la roba da mangiare? E l’acciottolìo de’ piatti, e le risa, e gli strilli?
Invano avean tentato più volte di far un buco alla porta per guardare dentro. Il legno sembrava mezzo fradicio; non c’era però succhiello che potesse arrivare a penetrarlo.