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portò in camera sua. La zoppina dovette indossare un abito vecchio della sorella. Ci nuotava dentro e pareva più buffa che non era.

— Vo’ provar io! — disse la sorella maggiore.

E la notte appresso, spento il lume, cominciò a dire:

— Nonnina mia, nonnina mia, pensateci voi per me! —

— Ci penserò io! Ci penserò io!

Rimase stupita.

— Dunque la zoppina non aveva mentito! —

E la mattina, svegliatasi, cercò tastoni la veste; al tasto s’accorse che la stoffa non era quella. Aperse gli scuretti della finestra, e che vide? Su una seggiola, a piè del letto, vide steso un vestito vecchio, di canavaccio, tutto sbrendoli e frittelle. E nell’armadio, dov’ella aveva riposti i tre bei vestiti, ne mancava uno, il migliore.

— Ah, zoppaccia del diavolo! Sei stata tu! —

E picchia e ripicchia! Le lasciò le lividure.

Però volle ritentare:

— Nonnina mia, nonnina mia, pensateci voi per me!

— Ci penserò io! Ci penserò io! —