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— Farò la corte alla signora Rossi. Muori di gelosia! Quei begli occhi mi fanno ammattire!
E faceva il verso allo strabismo della Rossi.
Giacinta ridendo:
— Sèrviti pure!
Gli bastava che per buona parte della serata ella lo cercasse, di tanto in tanto, con lo sguardo.
Una volta Andrea si era accostato al gruppo di giovanotti che, sapendola ora con quella dote, si disputavano più accanitamente le occasioni di entrarle in grazia. Giacinta gli disse:
— Guardi! Lei solo non mi fa la corte.
— Se non mi dànno neppure un minuto di tempo! Largo, largo signori!
Ella era felice di queste maliziette che davano maggior sapore al loro dolce segreto.
Provava una tranquillità grande. Non si voltava più indietro per guardare il passato; non tentava d’afferrar qualche barlume nel buio fitto dell’avvenire. La sua sorte era fissata. Ma non voleva occuparsene... Esitava... Aspettava. Che cosa? Non lo sapeva neppure. Le sembrava già molto il sapersi riamata davvero per sè stessa, soltanto. Ne aveva avuto la prova nei dubbii, nei timori di Andrea, quando da quella subita fortuna giunta così a proposito ella era stata messa in uno stato d’indipendenza quale non l’aveva mai fantasticato. E come la stomacavano tutti quegli imbecilli che ora, uno dietro l’altro, chiedevano la sua mano, come se le trecento mila lire l’avessero già purificata dalla macchia per cui prima tutti arricciavano il naso!... Vili prima e dopo.
— Ma insomma...? — le diceva spesso sua madre, con la voce irritata — È una vera follia!...
— Voglio attendere... stare a vedere...