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sbatterla in viso alla gente? Così doveva fare, così!... E quella sua mamma che non cessava di torturarla anche lei!... Quella sua mamma!... Oh Dio! si sentiva diventare malvagia!... Il sangue le si trasmutava in fiele!... La trascinavano pei capelli a far qualcosa di enorme!

E tramortiva dallo spasimo, cogli occhi al soffitto, stanca di piangere.

XIII.

Andrea, che non l’aveva più vista da una settimana, la fermò una sera in mezzo all’uscio del salotto, dove si era appostato per attenderla.

— È tuttavia sofferente?

— No; grazie.

Voleva evitarlo; ma la commozione l’arrestò, impacciata, sotto quegli sguardi indagatori.

— E... il mio noviziato — egli disse, esitando — dovrà ancora durare?

— Non insista, per carità!

Andrea chinò il capo mentr’ella passava.

Quelle umili parole — il mio noviziato — le rimasero dentro l’orecchio tutta la serata e giorni appresso, assediandola, rimestandole in fondo al cuore le dolci sensazioni e il soave sentimento ch’essa si era sforzata di far tacere, domandandosi atterrita: E poi?... e poi?

— Povero giovane!... Non si stancava dunque?

E trovossi insensibilmente ricondotta verso di lui, ma senza speranza, soltanto per dimenticare quell’altro che l’aveva così offesa, e con la gioia d’una convalescenza interiore assai più bella della prima.