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Parlava agitata, mangiando mezze le parole, correggendosi, tornando addietro se si risovveniva di un piccolo particolare dimenticato, minuziosissima:
— Aveva fatto bene?
— Benissimo! — rispondeva Giacinta, impaziente.
E intanto che quella proseguiva, senza farle grazia di nulla, ripetendole, parola per parola, i discorsi del Mochi, imitandone, per abitudine e per maggiore evidenza, anche i gesti e la voce, Giacinta trasecolava; provava, ad occhi aperti, l’incubo dei cattivi sogni che la opprimevano la notte.
— Era dunque per questo?... Per questo?
Scoppiò in un pianto dirotto, col viso fra le mani, accasciandosi sotto il gran peso di quell’onta inaspettata. Poi tentò di svincolarsi dalle braccia della Marietta che piangendo anche lei le diceva:
— Non è nulla!... Tanto meglio!...
— Vo’ andar via! Vado via!...
Si asciugava in fretta in fretta le lagrime, aggirandosi barcollante, per la stanza, in cerca di qualche cosa, ed ella stessa non sapeva che, ripetendo:
— Vo’ andar via!... Lasciami andare...
— Dove? Vergine santa! dove?
— In qualche posto, a far la serva... a chieder l’elemosina, lontana di qui, fuori di queste mura piene di vergogna e di angoscia!...
— Ma le pare!... Dia retta!
— Fossi morta un anno fa!
Rimase per parecchi giorni come trasognata, chiusa nella sua camera col pretesto d’una emicrania, sentendosi sempre sulla faccia l’impronta di un piede che l’avesse calcata.
— Ah, la fatal catena si era ribadita!... E lei che già si lusingava di essere sul punto di spezzarla!... Perchè, perchè non l’afferrava a due mani, per