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goglio di lei; e diventava rubizzo, ma geloso, riottoso, brontolone, dai modi bruschi e villani... Una serva sarebbe stata trattata meglio!... Che calice di avvilimenti e di amarezza non le toccava di tracannare giorno per giorno!... Ella non aveva più lagrime... Non osava lamentarsene neppure in segreto, dalla paura che quello glielo leggesse in viso... E così la vita le si consumava, lentissimamente... ma al fine, si consumava!... E si sentiva mancare presa da un torpore gelido... Che interminabile agonia!

Spesso, quando l’allucinazione confondevasi col sogno, Giacinta si levava da letto sbalordita, spossata dalla inconsapevole fatica.

— Aveva sognato?

Però la luce del giorno le infondeva coraggio:

— Commetto una specie di suicidio? Lo so. Poichè non sono buona ad ammazzarmi davvero!...

XII.

Mochi, incontrando la Marietta per le scale, soleva fermarla e stender la mano per carezzarle il mento, nell’informarsi della salute della padroncina.

— Giù quella mano!... Non può tenerla a posto? — essa gli diceva tirandosi indietro.

— Come sei cattiva!

— Non capisce che ha i piedi dentro la fossa?

Glielo ripeteva sovente. Quella mummia le faceva rabbia, per via della sua padroncina. Massime dopo che questa le ebbe accennato in un momento di sfogo, la speranza, l’unica speranza, che le sorrideva.