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ce un po’ serio, ella sorridente, da persona già come abituata, quantunque fosse quello il suo primo ballo.

— Lei balla come una meridionale — le disse Gerace in un momento di sosta. — È la prima volta che io non rimpiango le feste di Napoli.

— Son lieta — rispose — di rammentarle in qualche modo le signorine di laggiù.

— Me le fa dimenticare.

— ... Che caldo! Si soffoca.

Si soffocava infatti; ed era un continuo agitar di ventagli ora che l’orchestra si riposava. Gli uomini si facevano vento coi cappelli a molla schiacciati.

— Gerace, una canzonetta delle vostre!...

La signora Villa gliel’aveva detto con quella smanceria di voce e di atteggiamento bambinesco ch’ella soleva affettare per far più colpo.

— Sì, sì!

La signora Rossi, la Mazzi, il Porati, il Gessi e gli altri ch’eran lì presso approvarono.

— La Carmenella! Mastro Raffaele! — suggerirono ad una volta Merli e Ratti.

Anzi il Ratti andò a prenderlo addirittura pel braccio, e facendogli delle moine come una signorina, fra le risate che scoppiavano da ogni parte della sala, lo conduceva al pianoforte dove già preludiava il Porati.

— Che simpatico giovane!

Giacinta si limitò ad accennare col capo che era della stessa opinione della Gina. Non voleva perdere una nota.

Quella melodia, improntata di una gaiezza mesta, si dondolava col suo ritmo, mollemente, e faceva dondolare, per consenso, tutte le teste: poi, all’ardito strappo di voce che riprendeva la frase allegra