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gallina nera che fa l’uovo tutti i giorni a quell’ora. Come se avesse l’orologio lì... E mi comandino pei polli. L’uovo, sa come si fa? Un buchino sopra, un buchino sotto, e si succhia da una parte. Una santa cosa!... Scappo... Non ho tempo da perdere, con la bottega... E se ne rammenti di dirlo alla mamma: polli, con due dita di grasso, ne ha soltanto la Camilla. Glielo garentisco, signorina... Si ricorda di quand’era bambina e mi diceva: sciancata! Ah! ah! ah!... Allora era alta così, una tombolina... Ora, Dio la benedica non si riconosce più... Se ne rammenti per la mamma, mi raccomando!

Quella notte, verso le due, Marietta andava in punta di piedi, a prendere un limone dalla credenza nella sala da pranzo e tornava lesta, in punta di piedi, in camera della padroncina.

Buttata sul letto, mezza spogliata, la faccia affogata fra i guanciali, i capelli disfatti e le mani che brancicavano le coperte, Giacinta singhiozzava, convulsa.

— Si calmi, signorina, si calmi! — ripeteva Marietta intanto che strizzava il limone in un bicchiere.

Poi, agitando la limonata per scioglier lo zucchero, si accostava al letto, aiutava Giacinta a sollevarsi e le metteva il bicchiere alle labbra.

— Beva, le farà bene...Si calmi, entri in letto, per carità; cerchi di riposarsi, di dormire. Io mi stenderò sul canapè... Si calmi, si calmi!

— Va’ — rispose Giacinta. — Non occorre che tu stia qui... Verrai un po’ per tempo domattina, senza aspettare che io suoni. Quella voce velata del gran pianto, straziava il cuore alla Marietta.