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— Gran donna quella sua moglie! Aveva energìa per cento. Lui si mescolava poco nelle cose di casa. Quando aveva consegnata alla moglie l’intiera mesata dello stipendio d’impiegato alla Prefettura, si sentiva sgravato da un peso. Pur che gli rimanesse qualche soldo in tasca pei sigari, pel tabacco da pipa e per la partita di tressette al caffè, a lui come lui non gli occorreva altro. — Tiravano innanzi, col provento dell’impiego e con alcune rendite dotali della moglie pagate esattamente da un parente di lei che stava a Parigi o viaggiava pel mondo: non lo conoscevano neppur di vista. — Basta. L’abilità di quella donna moltiplicava i quattrini. Pel loro stato, non c’era male. Destavano invidia.
Il contadino stava a sentirlo, zitto, pensando che forse il cugino aiutava la signora a sbarcare il lunario:
— E il marito chiude un occhio, com’usa in città.
Dopo che certi braconi sventarono la storiella dei cugini, questa parola rimase.
Allora la signora Marulli, fresca, bella, di un’aria capricciosa, contava appena ventotto anni, ed era sposa da due. Aveva aspettato un po’ troppo il marito da lei fantasticato — che doveva sposarla pei suoi begli occhi, come le diceva la nonna — e il signor Paolo era stato accettato in mancanza di meglio.
— Però se n’era compensata — malignava la gente.
Sembrava una donna seria, tranquilla, assennata, dignitosa, senz’affettazione, sinceramente cordiale, una vera signora.
— Ma bisognava — secondo il cavalier Mochi — praticarla un po’ da vicino per scoprire tutte le