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poltrona, parlava con grande efficacia, curvo, accompagnando le parole con brevi gesti nervosi; e Giacinta, a fronte bassa, mordendo la punta del ventaglino, stava ad ascoltarlo immobile, il seno ansante, infiammata nel viso.

— Ma dunque questa Giacinta vi fa ammattire tutti!

La signora Maiocchi prese stizzosamente una delle tante partiture ammonticchiate sul pianoforte e cominciò a sfogliarla.

— Volete un consiglio? — soggiunse, rimettendo la partitura a posto. — Lasciate andare; quella ragazza è impastata di ghiaccio.

— Il capitano sta per scioglierlo! — rispose Andrea.

— Non vi credevo così sciocco — disse la Maiocchi, levandosi a sedere.

Nello stesso punto Giacinta si era alzata dalla poltrona.

— Poesia! Poesia! — mormorava, fissando il capitano negli occhi.

E si stirava graziosamente con un fare di persona stanca; ma il capitano, indovinando sotto quella sonnolente indifferenza la commozione vibrante ancora nei delicati nervi di lei, pensava un po’ mortificato: Strana ragazza!

— Insomma?... — le domandò tutt’a un tratto.

E siccome a questa insistenza Giacinta non poté trattenere un sorriso, il Ranzelli, per ricambio, voleva darle una stretta di mano.

— Oh, no! — ella disse, avvedendosi dell’abbaglio di lui. Ma non poté aggiungere altro, sotto tanti sguardi rivolti curiosamente su loro.

Gli fece un piccolo inchino con la testa, e andò incontro al padre che rientrava dalla stanza da