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Andrea le porse lo scialle. Nell’acconciarsi il velo sulla testa, Giacinta parve, tutt’a un tratto, ricordarsi di qualcosa.
— Chi è quella bambola?... Quella che è venuta ad aprirmi?
— La figlia della padrona di casa... Una vera bambola — soggiunse, intimidito dagli sguardi di Giacinta.
Ella lo trascinava con sè, come una preda, senza sapere precisamente perchè lo trascinasse via.
— Doveva essere suo, fino all’ultimo momento!
E gli si stringeva al braccio, battendo i denti, convulsa, con un gelo di morte in tutto il corpo, quasi brancolante fra le tenebre della pazzia che le oscurava il cervello.
Davanti al portone, Andrea s’arrestò.
— Non vieni su? — ella disse, insospettita.
— Fra dieci minuti. Bisogna che disdica un appuntamento, non voglio che l’amico con cui dovevo partire perda la corsa per me.
Giacinta lo tratteneva pel braccio, guardandolo in viso.
— Fra dieci minuti — replicò Andrea, rassicurandola con una stretta di mano.
— Fa’ presto, fa’ presto!
E rimase un po’ sulla soglia, seguendo con l’occhio Andrea che s’allontanava frettoloso.
Era sfinita; montava a stento le scale. Aveva diacce le mani; ma, dentro, sentiva un’arsura insopportabile, un fuoco che le bruciava il sangue.
Passando davanti la camera del conte, si fermò un istante; poi spinse l’uscio.
Battista, che trovavasi troppo familiarmente seduto allato al conte, con i gomiti appoggiati sul ta-