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— Com’è severo! Oh! Oh!
— Non dica così. Spesso spesso le apparenze valgono più della realtà, e il mondo...
— È vero o no che il tenente Brogini...? — ripetè Giacinta spazientita.
— Senta qua.
Il Ranzelli fece girare sulle rotelle la poltrona vicina, prese una seggiola e, appoggiate le mani sulla spalliera, chinandosi un po’ in avanti, soggiunse:
— Segga, dieci minuti.
Vedendola sdraiata lì, con la bruna testa buttata indietro e la faccia rivolta verso di lui, stette a osservarla, in piedi, dondolando la seggiola. Quella personcina minutina, rannicchiata tra la soffice imbottitura della poltrona e così ben modellata dalle pieghe dell’abito, gli richiamava alla mente l’immagine di un gioiello tra la bambagia carnicina e il raso azzurro dell’astuccio; mentre Giacinta, vistagli apparire negli occhi la forte commozione che gli agitava il cuore in quel momento, sorrideva a fior di labbra.
Il capitano sedutosele di fronte, molto accosto, cominciò a parlare sotto voce; e stando ad ascoltarlo attentamente, colle sopracciglia un po’ corrugate, ella intanto girava gli occhi attorno, da un gruppo all’altro del salotto.
Sotto il grande specchio di Murano, dalla cornice di cristallo tutta fiori e foglie scintillanti ai vivi riflessi dei lumi, la bella signora Clerici rideva delle sciocchezze di quell’insulso dell’avvocato Ratti che gesticolava come un burattino.
Più in là, la signora Mazzi, bionda e grassona, movendo lentamente il ventaglio, con gli occhi socchiusi, da quella indolente che era, stava a sentire