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— Chiodo schiaccia chiodo — rispose la signora Villa tranquillamente.
— Dev’esser una cosa assai triste!
— La prima volta sì; ma ci si abitua subito. Gli uomini, cara mia, al giorno d’oggi... Provatone uno, gli hai provati tutti. Comincio a credere che i mariti (sia detto tra noi) valgono più degli amanti. Se non che, capisci?...
Giacinta non capiva nulla.
Nei momenti più desolati, quando giungeva ad esclamare: — Perchè non faccio come le altre? — all’idea d’un secondo amante abbrividiva.
— Come fanno a mutar d’amante ogni stagione?
Allora non si abbandonava più alla fatalità della sua sorte, non si lasciava andare come un corpo morto in balia delle circostanze e del caso; la impotenza della rassegnazione si mutava in furore. E voleva riprenderselo tutto per sè quell’uomo, che tentava di fuggirle; trattenerlo fermo, col valido polso d’una volta, anche a dispetto di lui; fargli sentire nuovamente la saldezza del suo carattere, la prepotenza del suo affetto, domarlo, prostrarlo, attaccarselo con ogni mezzo, poichè sapevasi la più forte.
E la tempesta scoppiava.
— Come sei ingiusta!— disse Andrea uno di questi giorni.
— Sta zitto!... Non recitar la commedia!
— Come sei ingiusta!
Ella lo squadrava da capo a piedi, fieramente. Era già sicura ch’egli mentiva; pure replicò!
— Se tu menti, commetti un’infamia! Se tu menti, commetti un’infamia!
— Ah!... Commetto un’infamia? — esclamò Andrea, scattando in piedi. — Ma l’ho commessa egualmente,