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così forte sentimento d’elevazione purificatrice, che il semplice contatto della mano le produceva una sensazione d’inesprimibile conforto, di ristoro, di calma.

Ed ora, rimaneva lì, chimerizzando dietro quella visione bionda che pareva fuggita rapidamente via, portando seco qualcosa di lei nell’ardue altezze dello spazio, dove era impossibile raggiungerla...

— Perchè non l’ho conosciuto prima!... Perchè non l’ho conosciuto prima!

Si rizzò, subitamente impallidita, come se una voce insultante le avesse soffiato in un orecchio: e Beppe, eh?

— Ah!... Beppe! — balbettò, nascondendo il volto fra le mani.

Così aveva fatto dianzi, quando il testone arruffato, i grandi occhi neri e le labbra carnose di quel tristo l’avean fatta fremere tutta, con un brivido ghiaccio, ricordando.

X.

Da una settimana, per espiazione, come un po’ superstiziosamente se l’era imposto, ella passava un paio d’ore al giorno in camera del conte, da solo a solo.

Quella mattina, tornando da una visita a Elisa Gessi che aveva partorito il suo primo figlio, Giacinta era entrata distrattamente dal marito col largo cappello all’Ernani, stretta nella mantiglia ornata di trina, le mani infilate nel manicotto di volpe azzurra che le pendeva dal collo.