Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 179 — |
piegato un ginocchio, armeggiavi con le molle e facevi spegnere la fiamma...
— Sì, sì! — brontolò Andrea, stringendo la sigaretta fra le labbra, strizzando gli occhi.
— Te ne rammenti? Io ti dissi: stia fermo, fa peggio. E tu mi rispondesti: Dice bene. Destar fiamme non è il mio forte. Quel tuo accento turbato mi rimase nell’orecchio.
— Sì, sì!
Giacinta si rizzò sulla vita, sdegnosamente:
— Se ti annoi, se...
Ma frenossi, vedendo la Marietta che ritornava con un canestro pieno di posate, di bicchieri e di piatti.
Andrea, buttata la sigaretta nel fuoco, in piedi, si allungava, stirando in giù le braccia, aggrottando le sopracciglia:
— Aah!... Nulla impoltronisce come la fiamma del camino! Non mi muoverei di qui giorno e notte; mi lascerei rosolare, senza tirarmi indietro!
E tornava a stirarsi. Nel silenzio, si sentiva soltanto il rumore dei piatti e delle posate che Marietta andava disponendo sulla tavola.
— Se ti annoi, dillo pure! — insistè Giacinta, appena la cameriera uscì di nuovo. — Sei stato tutta la serata muto come un pesce, ruminando chi sa che cosa...
— Io?
— Sì. Tu cominci a diventarmi strano... Non posso più star zitta, soffro troppo!... T’annoi con me; confessalo!
— T’inganni, t’inganni!
Giacinta crollava tristamente il capo:
— No, non m’inganno. Ho notato, fra gli altri, un terribile indizio. Son donna, capisci?