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I.

La pioggia che scrosciava violenta come la grandine sui cristalli della finestra, il vento che urlava lamentosamente dentro la gola del fumaiolo, rendevano più raccolto e più intimo il silenzioso tepore del salotto.

Andrea, senza scomodarsi dalla poltrona dov’era disteso, prendeva di tratto in tratto con le molle un bel pezzo di legna e lo aggiungeva agli altri tizzi che scoppiettavano fiammeggianti nel caminetto. Più in là, accanto al tavolino ingombro di matassine di lana di diversi colori, Giacinta lavorava a una piccola tappezzeria, girando sul pugno il filondente, tirando la corta gugliata con un movimento nervoso, alzando il capo quando i tizzi all’improvviso crollavano, e la fiamma si sminuzzava in tante linguette azzurrognole, agitantisi sulla brace.

Il vento che urlava fuori, la pioggia che sbatteva sui cristalli rompevano a mala pena quel silenzio pieno d’impaccio. Andrea ricominciava a farsi una