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rassegnata a rispettare i fatti compiuti; contenta che il suo sogno di una vita tranquilla, fra gli agi e la considerazione, cominciasse già a realizzarsi, e che la gente, scordatasi d’onde ella veniva, guardasse soltanto dov’era arrivata.

Andrea, con un pretesto o con un altro, era tutto il giorno in casa Grippa. Se si trattava anche di un affare da nulla:

— Gerace, mi faccia lei questo piacere — gli diceva Giacinta.

— Bravo Gerace! — aggiungeva il conte.

Già egli si era così abituato a vederlo sempre lì, che non incontrandolo, una mezza giornata, premurosamente domandava:

— E Gerace? Non si è visto?

Andavano insieme alla Storta, per far rimettere a nuovo il villino; una passeggiata di due chilometri di strada pianissima, che percorrevano a piedi, fumando, mentre il conte ragionava dei suoi progetti d’abbellimento: una terrazza sul mare, un giardinetto dalla parte dell’entrata. Spesso però il conte partiva solo, di buon mattino; e tornava la sera, all’ora di pranzo. Gli mandavano la colazione laggiù.

Andrea si sdraiava in quel suo stato, spensieratamente, senza calcoli, come v’era entrato. Trovava naturale che un giovane non si fosse lasciata scappar di mano un’avventura come quella. Chi, nei suoi panni, non avrebbe fatto lo stesso? La passione lo giustificava! Coloro, parecchi! che sposavano soltanto per la dote una donna non amata, spesso spesso non stimata, non agivano peggio di lui? Almeno, egli amava!

Poi, quella vita dolce, tranquilla, senza grattacapi, tra le affettuose carezze d’una donna che doveva essere sua moglie e che da un sofisma di deli-