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gittasse un infame maleficio sull’avvenire di lei, con quelle esclamazioni ripetute come rintocchi d’una campana d’agonia; poi scattò, con tutte le forze del suo sangue, delle sue fibbre, dei suoi nervi...

— L’amo!... intendi? L’amo!... Che m’importa di voialtri?... Resterà!

XV.

Giacinta era stata parecchi giorni in grave pericolo d’abortire; e Andrea non aveva potuto ricevere, direttamente, nessuna notizia di lei. Come presentarsi in casa Marulli dopo quel bigliettino che gli diceva: «Astienti di venire fino a mio nuovo avviso. Non darti nessun pensiero dei maneggi di mia madre!».

— Che cosa accadeva dunque? Che gli si tramava contro?

Veramente, non s’era sentito mai tranquillo neppure prima. Appena dato quel passo della rinunzia all’impiego, aveva cominciato a riflettere:

— E se i bei castelli in aria di Giacinta crollassero? E se quel colpo di pazzia di donna innamorata andasse a finire?... Non era impossibile; s’era visto tante volte!... Che ne sarebbe di lui, rimasto così, in mezzo a una strada, senza impiego, nè nulla?

Il bigliettino aggiungeva: «Lascia fare a me. Non t’ho mai voluto così bene come in questi giorni di lotta». Ma di queste assicurazioni egli non si fidava molto, benchè le credesse sincere. E tornava a rimuginare tutte le gravi difficoltà della vita che gli stavano sospese a un filo, minacciose sul capo; la