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vi sentisse il dolore di un colpo di mazza piombatovi su.

Giacinta le accostò, trepidamente, il bicchiere alle labbra; poi, intinta nell’acqua la punta d’un fazzoletto, le bagnava la fronte e le tempie. Sua madre la lasciava fare, ad occhi chiusi, concentrata, rimproverandola soltanto con lunghi tentennamenti di testa.

— No! Sta’ zitta! — le ripeteva Giacinta. — Ne riparleremo. Non devi pensarci... Perdona!

— È finita! — rispondeva la signora Teresa svincolandosi dalle mani che tentavano di trattenerla ancora. — Questo è un colpo che mi uccide! Lo sento qui, nel cuore! Fa’, fa’ pure a tuo modo! — aggiungeva quasi calma, ma piena di durezza. — Non posso impedirtelo...È già un pezzo che non mi dài retta. Te n’avvedrai appresso, povera illusa, tu che ti fidi dell’amore d’uomo come quello! Oh, fa’ pure!... Non ti dirò una sola parola: aspetterò. Quando avrai finito di trascinare nel fango il tuo nome, il tuo onore, la tua fortuna, per metterli sotto i piedi di quel miserabile... sì, miserabile! Vedi? lo dico senza sdegno...

— Zitta, mamma! ... Zitta!

— Quando i nostri nemici, t’avran vista arrivare dove neppure il loro odio avrebbe creduto possibile che tu arrivassi; quando la passione, che ora ti accieca... Ma allora... allora, forse, non sarò più qui, per poterti rinfacciare; sarò morta!... Non vorrà dire; te lo rinfaccerai da te stessa: La mamma aveva ragione!... E tutte queste parole, che ora disprezzi... e non han servito che a farmi insultare, tutte, sillaba per sillaba, ti verranno in viso... Vedrai!

Giacinta stette un momento ad ascoltarla a capo chino, atterrita alla voce lenta e cupa che pareva