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tanto il tetto annerito, mandava fuori leggere ondate di fumo che disperdevansi subito.
— Non mi vuoi bene quanto dovresti; — riprese a dire Giacinta.
— Perchè?
— Sera fa, perdesti al gioco... Non negarlo...
— Un’inezia...
— E, piuttosto che a me, hai ricorso al Merli per pagare il tuo debito... Cattivo!
— In questo tu non devi entrarci.
— Voglio entrarci anzi! Esigo, sopra tutte, questa prova d’amore. Ma se l’ho detto! Mi tratti da amante, ecco. Sei cattivo.
— Non giocherò più!
— Benissimo! Per farmi dispetto!...
Gli si staccò dal braccio, imbizzita, e si mise a camminare innanzi, sola. Andrea, raggiuntala con un salto, la prese per la vita.
— No, no... Lasciami!
Si dibatteva stizzosamente, per svincolarsi, per evitare che egli la baciucchiasse sulla nuca.
— Lasciami!... Mi fai il solletico...
— Non andare in collera, via!
— Sta’ fermo!... Sta’ fermo!...
Ma intanto gli s’abbandonava sul petto, con la testa indietro broncia broncia, vinta da un languore dolce:
— Sai, Andrea? Quel mio sospetto... sai? Non mi stringere così; mi fai male! io lo credo già una certezza...
— Oh!
Voleva baciarla, ma ella era scappata. Andrea le corse dietro. Presi da matta allegria, si inseguivano, ridendo e battendo le mani, come due ragazzi. E la vecchia contadina, che stava seduta sopra un cor-