Pagina:Capuana - Giacinta.djvu/124


— 122 —


minciava a dileguarsi, ella risentiva sulle labbra il bruciore dei baci di Andrea:

— Ah! S’era figurata che quel fatale momento non dovesse arrivar mai... Ed era passato!

Fece uno sforzo per destarsi completamente e si mise a sedere sul letto. Guardava attorno, con curiosità, per riconoscere la camera. Non si trovava forse in un albergo di una città sconosciuta dove erano arrivati la sera avanti, dopo un viaggio lungo, faticosissimo, pieno di pericoli... e d’onde non si sarebbero più mossi?... Oh no, ora aveva coscienza di tutto. Era passato! Era passato!

E sentivasi addosso un profondo sgomento. Di che?

— Della sua audacia forse? Ma era la sua rivincita, il trionfo! Non aveva da pentirsi. Preso un marito, si era posta in regola colla società; le apparenze eran salve: che si pretendeva di più? Oh! Le conosceva tutte, fino all’ultima, quelle che si sarebbero indignate maggiormente, quelle che avrebbero fatto i grandi gesti d’orrore, quelle che l’avrebbero volentieri lapidata!... Ma io non farò come loro. Non muterò d’amante ad ogni stagione. N’avrò uno, uno solo, il mio Andrea, il mio vero marito!...

S’era lasciata scivolare dal letto, coi piedi ignudi sul tappeto, sorreggendosi sulle mani affondate nelle materasse, gli sguardi perduti nel vuoto, con una vampa d’indignazione che l’avvolgeva tutta nelle sue fiamme.

— Aria!... Aria!... — disse a Marietta che apriva soltanto le imposte.

Soffocava.

— Il signor conte è in salotto — annunziò Marietta.

— Ah!