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— Il Prefetto — egli disse finalmente — è già partito per Firenze.
— Una notizia freschissima!
— Da quattro giorni!
Merli e Gessi scoppiarono a ridere.
— Ma io l’ho saputo or ora — riprese il conte un po’ mortificato. — M’importa assai della politica!
Giacinta si mordeva il labbro, seria, con gli occhi bassi per non guardare Andrea che si era accostato, gingillandosi col ventaglio della signora Villa.
— Conte, e la vostra scommessa? — disse Andrea, con la voce un po’ turbata, continuando a sventolarsi.
— È andata benissimo. Non ne sapete nulla?
Il conte si fregava le mani, tutto contento; e sgangherando la bocca, strizzava gli occhi, tirava in su una gamba:
— Come?... Non ne sapevano nulla?
Merli e Gessi frenavano a stento le risa, accennandosi coi gomiti, mentre Gerace spingeva innanzi il volto, affettando gran curiosità, sventolandosi più affrettatamente.
Giacinta, che pareva non volesse perdere una parola della intralciata narrazione del conte, fredda, impassibile agli ironici: bravo! benissimo! con cui Andrea lo interrompeva, soffriva intensamente di quell’ostentazione di Gerace...
— Dunque non aveva ancora compreso?... E l’amava?... Oh! Gli uomini sono stupidi!
Andrea, guardatala due volte di sottecchi, credeva d’averle letto sul viso le umilianti torture del rimorso...