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— Chi le sballa più grosse? — diceva il Ratti, voltando la testa verso quella parte, in mezzo a un gruppo di signore.
Andrea, andato a salutare la signora Villa e la Mazzi, ascoltava, sorridendo, quel cicalìo femminile che tagliava i panni addosso alla signora Maiocchi; la quale, appoggiata alla mensola del caminetto, pareva mezza sedotta dalla faccia apopletica e dal pancione del Porati.
La signora Mazzi, che quella sera era di buon umore, vistosi dinanzi il conte Grippa avvicinatosi per salutarla, s’interruppe a un tratto e, porgendogli la mano, disse:
— Conte, la felicità vi si legge negli occhi.
— Grazie! Grazie! — egli rispose.
— Grazie di che?
A questa domanda il conte si mise a ridere, spalancando la bocca, facendo degli inchini, col capo, nell’allontanarsi.
— Si vede che la felicità lo rende più grullo.
— Gerace, non lo dite alla futura contessina!...
Le due signore ripresero il loro cicalìo; ma Andrea non vi prestava attenzione; e seguiva con gli occhi il conte Grippa nel giro che andava facendo da una signora all’altra.
Il conte si era fermato a due passi da Giacinta:
— Disturbo?
E a un cenno di lei, era scattato come una molla, tutto d’un pezzo, tenendole la mano; poi, stringendo la mano anche al Gessi e al Merli, sorrideva, impacciato dal silenzio che la sua presenza aveva prodotto:
— Ma perchè non continuavano? Era forse di troppo?
— No, no.