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— Tu mi sfuggi — le disse. — C’è qualcosa che non vuoi dirmi.

— Nulla.

— Sì, c’è qualcosa: te lo leggo negli occhi.

Giacinta lo fissò con quella sua aria di superiorità che gli dava soggezione:

— C’è — e quasi balbettava — che fra due mesi... sarò la contessa Grippa di San Celso... Sei capace di ragionare?

Andrea sentì cascarsi le braccia:

— Ah?...

La commozione gli strozzava la parola.

— Aspetta prima di condannarmi! — ella soggiunse, impallidita a un tratto, con voce tremante.

— Che dovrei più aspettare?

— Allora... fa’ pure a tuo modo!

La notte Andrea non chiuse occhio:

— Che tradimento!... Che infamia!... La vanità poteva dunque spingerla a mettere sotto i piedi il solo cuore che l’avesse amata — lo diceva ella stessa, ed era così — il sol cuore che l’avesse amata?... Non voleva più rivederla. Gli faceva orrore... E con che arte aveva saputo illuderlo!... Espressioni appassionate, promesse, giuramenti... Donna, menzogna!... Ah, se fosse bastato il turarsi gli orecchi per impedire che la voce di lei tornasse ora a suonargli così insistente dentro!... Ah, se fosse bastato il tener chiusi gli occhi per non più vedersi continuamente ballare dinanzi, difformato, quel caratterino inglese delle sue lettere che ora gli mostrava l’atroce canzonatura nascosta!... Ed ella osava scolparsi!... Aspetta!... Ma che doveva aspettare?

Non se ne dava ancora pace tre sere dopo, in quell’angolo di caffè dov’era andato a cacciarsi, la-