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l'ideale 213


— Caro mio, l’amore, l’Ideale, ne convengo, sono bellissime cose, ma ti lasciano morire di fame, se non hai altro con cui rimediare. L’amore, disgraziatamente, non è eterno; l’Ideale si trasforma, tramonta, e non somiglia al sole che rispunta la mattina dopo. Se la filosofia non insegna questo, che... filosofia è? Il can barbone del tuo professore, quello ah! la sa lunga. Filosofo su la cattedra, nei libri — ne ha scritti? Non lo so; — ma nella vita è uomo pratico. Impara dunque da lui. Credi a me; non c’è donna al mondo che valga trecentomila lire, quando esse sono tutto quel che un galantuomo possiede. E poi, l’Ideale te lo sei goduto cinque anni; dovresti già esserne sazio; sei ingordo, intendi? Come sono contento di aver potuto finalmente penetrare il mistero! Ma sai che sei stato davvero a tocca e non tocca con la pazzia? Ora, lesto, richiesta, fidanzamento, nozze... con fulminea rapidità! Figùrati se quelli della Congregazione non stanno con tanto d’occhi aperti, contano i giorni, le ore, i minuti! Mi ero profferto, ma riconosco che non sono l’uomo più adatto per un messaggio matrimoniale. Il tuo avvocato è persona savia, garbata; quel che ci vuole. E non aver quest’aria sbalordita! O scendo giù, nella via, pren-