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l'ultima lusinga 187


— Ho chiamato il dottor Mèusa.

— Che dovrebbe fare il lustrascarpe, non il medico. Hai chiamato lui perchè si contenta di poco, perchè ammazza quasi per niente i poveri malati che gli càpitano per mano. È miracolo se tua figlia è ancora viva dopo tre mesi di visite. Tu pensi alla Càbala, ai terni da vincere... Sai quale sarebbe il vero terno per tua figlia? Un marito, sarebbe! Muore di passione la povera figliuola! Un marito, al giorno d’oggi, se non c’è una bella dote, non lo trova neppure una principessa di nascita; e la tua scioperataggine....

— Oramai, caro don Vito — disse il Giammona — ormai è inutile parlarne!

— E intanto voi lo aiutate a far peggio col Lotto!

— Non posso procurargli un marito per la figlia!

— Non si tratta di procurarlo, scusate.

E rivolto sdegnosamente al fratello, soggiunse: — Va’, va’ a vederla! Sono uscito dalla sua camera col cuore sconvolto; piange, ma non parla. È ridotta irriconoscibile. Quell’asino di dottor Mèusa non ha capito niente. E tu... e tu... tu, coi tuoi terni, le tue quaderne, non avrai tanto da farle una bella cassa da morto! Dio disperda le mie parole!