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in prestito da suo compare Giammona, a cui li aveva confidati un frate cappuccino che aveva fatto vincere, in vita sua, ambi, terni, quaderne a tante persone.

Se non che con quegli scartafacci unti e bisunti, zeppi di numeri, di calcoli, di astruse operazioni aritmetiche, nè lui, nè suo compare Giammona riuscivano a raccapezzarsi. E per ciò don Pietro attendeva un sogno, un bel sogno rivelatore che gli permettesse di combinare una quaderna o una cinquina; di un terno, di un miserabile terno non sapeva che farsene!

Da qualche mese in qua, appena sveglio, prima di saltar giù dal letto, domandava alla moglie:

— Che ti sei sognato?

— Niente.

— È impossibile. Non sogni mai? Vedi di ricordartene.

— Niente, ti dico.

— Come si fa a non sognar mai?

— E tu, dunque?

— Io? Che ne sai? Non devo dirlo a te se sogno o no.

— Tu fai come quello che aveva perduto le mule e andava in cerca delle cavezze. Non parlo per