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i soliloqui di bicci 153

ca dello stomaco! E Tanzi dovrà star zitto, se non vorrà far ridere la gente. Non c’è persona più ridicola di un pretendente che si vede levato, per modo di dire, il boccone di bocca, e rimane a bocca aperta! Eh? Eh? —

Quasi una settimana di soliloqui, interrotti, ripresi, alla passeggiata, a colazione, a desinare in quel cantuccio appartato della trattoria dove faceva pensione, e nella camera mobiliata a un terzo piano, ch’egli si compiaceva di chiamare il suo nido; la mattina lavandosi, pettinandosi, spazzolando il vestito prima di avviarsi all’ufficio; la sera, fumando la pipa affacciato alla finestra, preparandosi ad andare a letto, e, infine, a letto, al buio, rivoltandosi da un fianco all’altro perchè si addormentava con qualche difficoltà, con tanti soliloqui da smaltire.

— E lo zio Tommaso che fa? Si è pentito? Non si degna neppure di avvisarmi che ha rimesso il viaggio a un altro giorno, a un’altra settimana, a un altro mese! Intanto...

Intanto, quell’acqua cheta di Marco Tanzi, zitto zitto, senza che Bicci si accorgesse di niente, aveva lavorato, lavorato: era entrato nelle grazie della signorina Viola, aveva fatto la richiesta al suo bab-