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i soliloqui di bicci 149

quattrini, pare. — Dovrebbe essere un carcame, una rovina... Invece, a settant’anni, sembra quasi un giovanotto... Si tinge molto bene; non s’indovina, bisogna saperlo. Quando si dice gli stravizi! Erano fabbricati meglio i nostri parenti di un secolo fa! Solidi, solidissimi. Non lo vedo da un pezzo; ma non sarà mutato, fisicamente. Moralmente, sì. — Vengo per far testamento. — È un’idea triste quella del testamento, e può significare un atto di prudenza, di preveggenza, e, anche, un presentimento di prossima fine.

Non sarà male intanto far qualche approccio verso la signorina Viola. La incontro spesso con la sua mamma. Vanno pei negozi ogni giorno; sempre con pacchi, pacchetti, pacchettini in mano: spendono troppo. — Eh, cara! Noi non possiamo continuare questo genere di vita! — Che vita? — Capisci che le nostre risorse... — E la mia dote? — Non buttarmela in faccia la tua dote. — Devo dunque privarmi... — Privarti di niente! Quel che è necessario. Il superfluo...

Ma fate intendere a una donna, a una moglie, che c’è al mondo anche il superfluo! Per la moglie il superfluo non esiste. Tutto è necessario, anzi, urgente. Devo continuare a bisticciarmi con Erne-