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132 luigi capuana


Per un nonnulla, al suo solito, Tonghi aveva fatto una gran scenata con la moglie. Essa, già pronta per andar fuori, non aveva risposto una sola parola, terminando di aggiustarsi la veletta davanti allo specchio, quasi suo marito non parlasse con lei.

Egli aveva interpetrato quel silenzio a modo suo, come un’acquiescenza alla sua sfuriata, abituato a credere di aver sempre ragione. Si era accorto da un pezzo, che qualcosa era venuto meno tra loro, ma pensava che, pur troppo, doveva esser così nel matrimonio. Non gli passava pel capo che fosse colpa del suo strambo carattere se quel qualcosa era avvenuto. Sofisticava intorno a tutto, riteneva che, per esempio, il lasciare un volume su una seggiola invece che sul tavolino dov’egli l’aveva posato, o nello scaffale dov’era stato collocato, fosse una storditezza imperdonabile da scompigliare tutto l’ordine della casa; non sapeva persuadersi che con l’interminabile trovar da ridire su ogni piccola cosa, con l’esagerazione degli sfoghi, che diventavano spesso escandescenze, egli era l’artefice della sua e dell’altrui infelicità; no, non gli passava pel capo. Fortunatamente il suo orgoglio non gli permetteva di dubitare che sua moglie po-