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don mignatta 107

vete ringraziar Dio che don Mignatta esista. Don Provvidenza dovreste chiamarmi!... Ah!... Sì, è vero?

Nonostante i pegni coi quali avrebbe potuto pagarsi il triplo di quel che aveva prestato, a ogni nuova operazione provava sempre, dopo tanti anni, la sensazione di una piccola stretta al cuore nel contare il denaro, quasi non dovesse rivederlo più. E si rimproverava: Ti fai la jettatura da te stesso!

Si metteva però di buon umore tutte le volte che veniva da lui quel nanetto con due gobbe, una davanti e l’altra di dietro, ma tutto lisciato, tutto agghindato, con aria spavalda, da conquistatore di donne, quasi fosse convinto che le donne non avessero occhi.

Per don Mignatta il cavalier Giunta era proprio un portafortuna. Lo accoglieva a braccia aperte, se lo faceva sedere vicino:

— Caro cavaliere, in che posso servirla? Ai suoi comandi.

— Ecco qui: al solito!

E il cavaliere si toglieva dal panciotto la catena con l’orologio d’oro, e li deponeva su la scrivania — come segnale e non altro — fingeva di scusarsi.