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Nessuno dei due pensava a far onore alla magnifica frutta che il cameriere aveva portato in tavola.

Tacevano tutti e due, e pareva che quel silenzio imbarazzasse maggiormente la ragazza.

Renato la guardava sorridendo, tra incredulo e maravigliato, intanto che ella, a occhi bassi, mordendosi lievemente le labbra, apriva e chiudeva il ventaglio, quasi mortificata.

Alla viva luce del sole, tra i riflessi verdi del prato, quella bruna carnagione prendeva toni dorati sulle guance e nella dolce attaccatura della gola, e i grandi occhi nerissimi, su quel viso scarso e strano davano un’espressione più provocante al nasino un po’ rivolto in su e alle labbra tumide e fresche.

Ella sentiva, senza vederli, quegli sguardi che la ricercavano tutta; e la personcina alta e snella si agitava impaziente, oppressa da tale insistenza. Finalmente alzò gli occhi, timida.

— Non mi crede?...

— Ma, sì!... Ma, sì!...

— Perchè dunque sorride così? Già il torto è mio.... Avrei dovuto avvertirla sùbito, prima di accettare l’invito.