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dando rapidi sguardi al modello, togliendo manate di creta qua, aggiustandone là, assottigliando certe tracce di pieghe segnate con una ditata, salendo su su, fino alla testa, appiccicandovi pezzetti di creta che poi dovevano formare la pettinatura.
— Parli, parli pure.... Non si stanchi stando immobile.
Miss Flower sorrideva, rispondendo:
— E in quest’informe mucchio di creta già s’indovina la statua.... Lei la vede, è vero? Credo che deve soffrire lavorando, anzi lottando.... Si riposi. Riposiamoci.
Si era seduta sulla poltrona. Aveva nel limpidissimo azzurro degli occhi un’espressione di serenità straordinaria, forse non mai turbata, pensava Ronchi osservandola.
Sulle piccole rosee labbra le fioriva un sorriso così dolce, così comunicativo, che anche tra gli ispidi baffi e la barba arruffata, la bocca dell’artista parve costretta ad atteggiarsi a un sorriso di ammirazione commossa.
— È poetessa lei? — disse Ronchi. — La mia ignoranza m’impedisce di conoscerla sotto quest’intimo aspetto. Dev’essere una gran sodisfazione il veder fissata con la musicalità del ritmo, con la precisione della parola, i proprii sentimenti.
— Una cosa triste, dovrebbe dire — ella rispose succhiudendo gli occhi. — La parola non arriva mai ad esprimere compiutamente il sentimento che ci agita, quando tentiamo di manifestarlo. Questo probabilmente, non avviene ai grandi e veri poeti.... Talvolta sì, oso di credere. Tanto è vero che leggendo i loro versi noi ci sentiamo andare più in là, più in là, quasi ogni parola, ogni modulazione di ritmo nascondano qualcosa che neppure un Genio