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coperto con uno straccio, tentando di scordarsene, lavorando intorno a quel busto di vecchio caratteristicamente rugoso, che sembrava animarsi di un malizioso sorriso sotto le carezze del pollice modellatore delle labbra carnose.

Gli era parso di sentirsi rivivere, di quasi ringiovanire nell’attesa di miss Flower, che doveva venire per la prima posa. Aveva un lieve fremito per tutta la persona; un’agitazione di forze creative nell’immaginazione. Il sogno vivente doveva divenire in poche settimane realtà vivente.

Miss Anna era arrivata puntualissima, all’ora stabilita da Efisio, perchè lo studio fosse illuminato dalla luce opportuna. Vedendo che l’artista aveva messo un po’ d’ordine e fatta un po’ di pulizia, aveva esclamato:

— Oh! Era meglio l’altra volta! A me piace la sincerità. Va bene questa pettinatura?

— Perfetta!... Io non ho un gabinetto da signora.

— La toeletta da fare è semplicissima.

Cavò dalla scatola, portata dalla donna che l’accompagnava, una specie di camice e il peplo di finissima stoffa di lana bianca.

— Qui, dietro questa tenda — indicò lo scultore.

Poco dopo, miss Anna veniva fuori completamente trasfigurata: un’apparizione ideale ellenica di suprema bellezza. Ronchi dovè soltanto aggiustare alcune pieghe.

— Potete andar via — ella disse alla donna.

Quando lo scultore la vide sullo sgabello, ritta, nell’elegantissima posa da lei presa senza esitazione, quasi l’avesse lungamente studiata, provò un istante di sgomento: gli parve che stesse per tentare l’impossibile. Ma sùbito si gettò sul pastone di creta accumulato sopra il cavalletto, affondandovi le mani,