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E aveva abbandonato tutto.... per lei..., per espiare la colpa d’un istante! — ella pensava trasognata, quasi un’influenza esteriore le spingesse la povera mente verso quel punto e ve la tenesse fissata.
E riscotendosi tutt’a un tratto, guardava attorno atterrita, feroce contro colui, riboccante di sprezzo di se stessa, con così tragico pallore sul viso, e sguardi così smarriti, che Giulio tornava a impensierirsi.
La gravidanza ora non c’entrava più. Certe stranezze del carattere di sua moglie diventavano addirittura inesplicabili. Non la riconosceva!
Nei momenti, nei giorni ch’ella tentava di rifugiarsi in lui per vincere il tristo dèmone, egli la vedeva sempre agitata, eccessiva in quei baci ed abbracci più da amante che da moglie, e affatto diversa da quella ch’era stata fin allora.
Poi, ella mostrò improvvisamente desiderio di lanciarsi fuori della cerchia intima e tranquilla che li aveva accolti tant’anni, ignari quasi ed ignoranti, paghi e contenti della felicità di amarsi e di sentirsi amati fra le consapevoli pareti, dove non giungeva nessun rumore della vita cittadina. E a quegli scatti di sensazioni, a quei capricci di passeggiate, di visite, di teatri, di feste, che lo maravigliavano assai, Giulio cominciò a temere che la gravidanza non avesse lasciato in lei qualche funesto germe d’esaltazione nervosa.
Il dottore, ripetutamente consultato senza che Teresa ne sapesse nulla, era stato d’uguale parere. Avevano fissato insieme un metodo di cura abilmente combinato; viaggi, bagni, regime ricostituente.... Ed ella aveva sùbito acconsentito, lietissima. Capiva che già v’era qualcosa di guasto dentro di sè, di affievolito per lo meno.
— Ma che posso farci?... Il nemico è in agguato.... qui, nel mio cuore, nel mio cervello!...