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dicendole cose strane, che la bambina non capiva:

— Se me ne andassi?... Se non tornassi più?...

— Saresti cattiva.

— Non vorresti più bene alla mamma?

— Dovresti portarmi con te.

— Oh, no, piccola mia!

La bambina, impressionata da questi discorsi, la denunciò al babbo:

— La mamma dice che se ne andrà, che non tornerà più.

Giulio impallidì. La persistenza di quel presentimento gli aveva dato nel cuore.

— La mamma è una sciocchina — disse, tentando di scioglier la mano da quella di sua moglie.

Teresa lo trattenne.

— Hai ragione: sono una sciocca!

Provava insolita tenerezza anche per lui. Spesso gli gettava le braccia al collo, guardandolo fisso negli occhi, muta, quasi per compensarlo; vergognosa di non poter essere sincera e di dover tacere, lei, lei che non gli aveva mai nascosto un sentimento, un pensiero, com’egli a lei!

E non potergli dire: — Taci! — quando le parlava del bambino, che sarebbe stato il colmo della loro felicità coniugale!

— Ah, se egli avesse saputo!...

Giulio intanto progettava di dare il nome di Carlo al nascituro, per ricordo del fratello creduto morto, da che non scriveva più e non se n’era potuto aver notizia nè dai Consoli, nè da altri.

Il mistero lo tormentava.

— Così buono! Di carattere un po’ chiuso, un po’ fantastico, ma docile nella stessa impetuosità.

— Qualche passione malaugurata! — rifletteva talvolta.