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— Perchè mi fuggi?
Si morse le labbra.
— Ma se rimango — risposi a bassa voce anch’io, — commetteremmo un’infamia.
— Che scrupoli! Ormai!... — brontolò con inesprimibile mossa di sdegno, voltandomi bruscamente le spalle.
Quelle triste parole mi resero la mia coscienza di uomo e la mia fierezza di carattere.
Salutai, montai a cavallo, e mi rivolsi indietro soltanto per rispondere a un ultimo addio di Paolo.
La serata era calma, splendida di tutte le glorie del vicino tramonto. Di mano in mano che mi allontanavo dalla Marza, mi pareva che il cielo si vestisse gradatamente d’un sorriso più bello, e che su quella profonda limpidezza, oh gioia! tornasse ad apparire la soave figura della mia Jela, casta e pietosa come prima, sorridente di perdono.
E quando comparvero le prime stelle, mi sembrò, proprio, che i limpidi occhi di Jela si affacciassero di lassù per un commovente saluto.