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dal continuo rodere dell’onda. Il letto di sassi lisci, arrotondati, e di varii colori, era circondato dalla curva costa all’altezza di due metri; vi si scendeva per una rozza scalinata, che non accusava certamente la mano dell’uomo.
— Vedrà che magnifica pesca, — ella disse, adagiandosi su un sasso da me preparatole per sedile.
— I pesci, — risposi ridendo, — saranno lietissimi d’esser pescati da mano così gentile!
E, inescato il suo amo, lanciai il filo in mare.
L’onda ci lambiva i piedi; la dighetta dei sassi ne limitava la stesa. Nelle fonticine formate fra sasso e sasso dagli spruzzi dell’acqua e dai meati della diga, si vedevano correre i gamberetti marini sul fondo arenoso; le patelle solitarie se ne stavano aggrappate ai sassi col guscio grigio che si scorgeva appena; l’olio di mare agitava le sue filamenta a seconda delle ondate, inarcandosi per assorbire dai muschi impercettibili prede.
Dopo aver dato un po’ la caccia ai gamberelli marini e alle patelle, inescai alla mia volta l’amo e mi sedei sui ciottoli, accanto alla donna.
Atmosfera pesante ed immobile. Silenzio greve intorno. L’acqua che veniva a scherzarci ai piedi, aveva mormorii voluttuosi di sirena, mormorii seduttori. Nessuno dei due diceva una parola. Quella solitudine si faceva complice dei nostri segreti pensieri; pareva che una corrente magnetica ci tenesse in comunicazione e rivelasse all’una i più riposti movimenti del cuore dell’altro.
Ella aveva lasciato abbandonatamente cadere la mano destra poco discosto dalla mia testa. Sedevo più basso di lei e rimasi alcuni minuti a guardarla come un goloso, con l’acquolina in bocca. Piccola, dalla pelle fine e lucente, dalle ugne color di rosa, sfiorarla con la guancia e le labbra divenne tentazione insistente.