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— Il suo pensiero non è qui. Lei non dice neppure una parola!

— I grandi spettacoli della Natura rendono muti.

— Mi dispiace che debba annoiarsi per causa mia. Anche l’amicizia ha i suoi pesi.

— Non questa volta.

Approdammo all’isoletta dei Porri, largo scoglio quasi piano, sollevato di qualche metro fuori del mare che vi balla attorno spumante. Lo percorremmo in pochi minuti, poi ci sedemmo nel centro, dirimpetto alla spiaggia. La campagna si stendeva laggiù, laggiù, con linee larghe, con mille sfumature di verde, che si armonizzavano insieme. Lontano, in fondo, dentro una nuvola di vapori dorati, torreggiavano nel cielo opalino le cupole e i campanili di Spaccaforno infiammati dal sole. Il mare rumoreggiava da ogni lato dell’isoletta con urli e scrosci interrotti. Di tratto in tratto vedevamo qua e là sollevarsi gli spruzzi iridati dei cavalloni irrompenti sui fianchi più bassi.

— Ecco un posto, — ella disse, — dove abiterei volentieri, e dove vorrei morire tutt’a un colpo, ingoiata dal mare quasi prima di accorgermene.

— Che desiderii strani! — esclamai ridendo. — E vorrebbe vivervi sola?

— Oh! no, — rispose. — Dicono che soli non si starebbe bene neppure in Paradiso. In due, con un’altra persona che avesse il medesimo gusto, che trovasse nella mia compagnia, come io nella sua, bastevole ragione per non rimpiangere la società.... Sciocchezze, è vero? — soggiunse sospirando. — Invece bisogna contentarsi della dura realtà. Ecco: pel mio cuore, questo misero scoglio potrebbe valere tutto l’universo. Ma pel cuore di un uomo? Come rende triste il pensiero che noi, nella vita dell’uomo, possiamo appena appena essere un accessorio!