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bighellonava, si sedeva davanti a una merceria, a una bottega di barbiere, si divertiva a veder giocare al bigliardo, o a tresette nel mezzanino di Campoccia.
Se non che, da qualche tempo, non era più dell’umore allegro di una volta. Pareva che un pensiero triste, molto triste, lo affliggesse e lo facesse smaniare. Che gli mancava? Tutto gli andava bene! Nel suo podere, per caso, era stata scoperta una polla d’acqua che ne aumentava il valore. Un lontano parente gli aveva lasciato in eredità parecchie migliaia di lire, depositate presso una Banca. E la gente diceva che appunto tutte queste buone fortune lo facevano stare di malumore perchè don Ciccio era.... un egoista. Povero uomo!
Invece, si seppe da lì a poco ch’egli, improvvisamente, si era deciso a prender moglie.
Allora tutti s’interessarono del bel caso.
— È dunque vero? Bravo, don Ciccio....
— La vedova Sincona, don Ciccio? Un po’ matura, ma donna di casa.... Bravo!
— La nipote di mastro Stefano il crivellatore? Troppo giovane, don Ciccio. Badiamo!
Quasi avesse dovuto sposare, venti, trenta donne!
Ma i mesi passavano, e lui non sposava nessuna delle tante che gli venivano appioppate come future mogli.
Poi.... Qui comincia il mistero.
Mistero! L’ho detto anch’io, al pari di tanti altri. In questo momento però mi vien da riflettere che non c’è niente di misterioso nella condotta di don Ciccio. E se mi son lasciato scappar di bocca ch’egli ha commesso una cattiva azione sposando la bella figlia dei Mandrà, voglio riconoscere, caro cavaliere, davanti a voi, che ho avuto torto. Le cattive azioni consistono nell’intenzione. Uno sbaglio, — ne conveni-