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garantirvele con giuramento. Paiono sciocchezzole e sono importantissime per la personalità di don Ciccio Curti. Potrete dirmi: — Anche il lettino coi trespoli? — Sissignore, anche quello, perchè non vi figuriate che la camera del giovane don Ciccio fosse mobigliata come la vostra di oggi, nè come la mia; e non vi lasciate ingannare neppure dal «don» troppo facilmente acquistato. Don Ciccio Curti rimase sempre un contadino.... ripulito. Ripulito esteriormente. Infatti, appena perdette i genitori, diè in affitto il podere paterno, smise di far lo scritturale presso il Notaio «Brà-brà», e cominciò quella sua vita vegetativa, di fannullone, di bighellone che parecchi amici gli rimproveravano.

— È meglio che io non faccia niente, invece di far del male... — rispondeva.

Il farmacista Milazzo si rammenta ancora di queste strane parole. Infatti lo rimbeccò:

— Perchè dovreste far del male?

— Perchè.... non saprei far altro. Dovrei tagliarmi le mani. Non le adopro; è quasi lo stesso.

E il farmacista Milazzo mi ha, più volte, raccontato che pronunziando queste parole don Ciccio diventava pallido, gli tremava la voce.

Supponendo che, innamorato non corrisposto, covasse nel cuore qualche vendetta, il farmacista lo ammoniva affettuosamente:

— Non vi perdete dietro alle donne, caro don Ciccio. Se dovete fare una sciocchezza — suol dirsi così, ma è cosa santa e giusta — prendete moglie!

— Le donne? Sciù! Per me sono come le mosche, le caccio via.... Sciù! In quanto alla moglie, se fosse cosa santa e giusta, l’avreste già presa da un pezzo....

Il farmacista l’avrebbe presa volentieri. Aveva