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Già c’era un Re, c’era una Reginetta cieca e muta.....

Chi gliela narrava dentro, senza ch’egli facesse nessuno sforzo, quella strana avventura, che per poco non sembrava maravigliosa realtà anche a lui stesso? Provava di mano in mano un’eccitazione, un entusiasmo nel vagare per quel mondo fantastico, dove le leggi della vita ordinaria erano abolite o invertite; dove si amava, si godeva, si soffriva con rigida fatalità, e dove gli sembrava che tutto si andasse formando e acquistasse vigore, consistenza nello stesso momento in cui gli fluiva dalle labbra, con sgorgo soavissimo, e che il vecchio beveva, a bocca aperta, sorridente, forse perchè si sentiva ridiventato fanciullo. Ma il ragazzo e il vecchio non compresero perchè Renzo, all’ultimo, terminata la fiaba, si era rizzato da sedere, pronunziando vivamente:

— Grazie! Grazie!

Oh! Quasi avesse ricevuto un colpo di sprone.

Quella notte non andò a letto. L’alba lo trovò che ancora scriveva scriveva. Era stupito che il verso investisse il sentimento lirico e lo rivelasse, ora con alata forza, ora con armoniosa semplicità, ora con tale onda di originale dolcezza, quale egli non aveva mai sospettato si potesse raggiungere coi ritmi usuali.

Così per parecchi giorni, ristorandosi un po’ dopo un frugalissimo pasto, nelle ore pomeridiane, con breve sonno; felice di non aver dubitato di sè, orgoglioso che la sua Chimera finalmente si fosse lasciata raggiungere e si concedesse come un’amante, che volesse compensare con la pienezza del passionale abbandono il troppo crudele capriccio del ritardo.

Lavorava febbrilmente da dieci giorni, senza rileggere nessuno dei lunghi fogli coperti della grossa scrittura, che pareva un po’ deformata dal frettoloso