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E si maravigliava che nei primi giorni, nelle prime sere, nelle prime notti, invece di provare quella specie di ebbrezza, di esaltazione venuta a cercare su la collina a lui cara sin dall’infanzia, si sentiva invadere da un senso di sgomento, quasi di smarrimento, e nessuna voce gli saliva dall’anima, per avvertirlo almeno che il gran fenomeno dell’ispirazione era vicino ad avverarsi.
Pensava:
— La Natura s’impone a noi violentemente. Ci si rivela di minuto in minuto sempre più varia, sempre più nuova; di giorno con lo sfolgorio della luce e dei colori, poi con la calma penombra della sera; poi con la grandiosa oscurità notturna vegliata da milioni di stelle; e noi dobbiamo fare uno sforzo per non lasciarci sopraffare, per opporre alle sensazioni le virtù della nostra intelligenza.
Infatti, quel lavoro che avrebbe dovuto venir fuori come un limpido zampillo, gli si agitava nella mente confuso, indistinto, e non riusciva a prender forma chiara, precisa neppure nelle sue linee principali.
— Ah! — esclamava. — C’è ancora troppo rumore dentro di me, troppo miserabile rumore della mia agitata esistenza di questi ultimi anni! Bisogna attendere; bisogna che il mio sangue, i miei nervi esauriscano quel che è stato trasfuso in essi da tante circostanze quasi brutali, delle quali, forse, non so rendermi piena ragione..... Bisogna attendere!
Aveva incaricato il suo amico Rubini di affacciarsi alla posta per lui.
— Non ho segreti da nascondere. Riceverò poche