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Ella mi domandò:

— Si arriverà tardi alla Marza?

— Domani, — risposi, ricomponendomi sùbito.

— E dovremo viaggiare tutta questa giornata e la notte seguente?

— Ci fermeremo a Rosolini; ripartiremo di buon’ora.

— È un bel posto la Marza?

— Stupendo, massime in questa stagione. Vedrà qualcosa di strano, ch’ella non può immaginare.

— Vigne, oliveti?

— Campagna rasa.

Mi fissò tra incredula e dispiaciuta.

Ma abbozzai, per tranquillarla, una breve descrizione, che produsse l’effetto voluto. Dopo, indovinando facilmente il suo naturale ritegno, mi decisi a parlare di Paolo.

— Forse — dissi — non potrà esser là prima dell’altra settimana.

— Come? — ella fece. — Non verrà fra tre giorni?

— Potendo. Bisogna esser cauti.... capisce?

— Non correrà pericolo, è vero? — chiese, voltandosi più direttamente verso di me.

— Oh, per questo, viva tranquilla!

Il ghiaccio del primo incontro era bell’e rotto.

Conversammo lungamente.

Verso il tramonto, assai prima di arrivare a Rosolini, si avvolse nello scialle, si rannicchiò nel suo angolo di carrozza e stette così, pensosa e con gli occhi socchiusi, fino al momento che, a sera inoltrata, la carrozza si fermò davanti al portone dell’Albergo.